L’8 Marzo non sarà una festa

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A Positano le donne, come più in generale nella società italiana, sono tenute in grande considerazione. Qualsiasi sia la posizione che hanno scelto o potuto ricoprire, viene loro riconosciuto un ruolo fondamentale per l’intera collettività.

Tuttavia questa condizione apparentemente privilegiata difficilmente viene rappresentata nella sfera pubblica e nella vita professionale.
Le donne rappresentano più della metà della popolazione italiana, ma occupano solo un terzo delle cariche politiche nazionali e meno di un quinto di quelle locali.

Dal 1996 ad oggi, a Positano, sono state nominate in giunta comunale solo 4 donne.

Siamo ben lontani dal raggiungere una parità numerica, ma soprattutto dobbiamo prendere atto dell’effettiva difficoltà di dar voce agli interessi ed alle necessità specifiche della condizione di donna.


I primi tentativi di aumentare il numero di donne in cariche elettive furono implementati nel 1993, quando il Governo Amato I introdusse nelle elezioni locali e nazionali le quote di genere. Questi sforzi, basati allora come oggi su liste alternate e quote numeriche, vennero vanificati due anni dopo dalla sentenza di illegittimità emanata dalla Corte Costituzionale.

L’uguaglianza politica, garantita dagli articoli 3 e 51 della Costituzione, era infatti intesa fino ad allora in modo teorico, e non come obiettivo concreto da raggiungere. Nel 2003, la mancanza viene corretta tramite una legge costituzionale che esplicita il dovere della Repubblica di “promuovere,” e non più solo garantire, “con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”.

Vengono quindi riconosciuti gli ostacoli sociali e strutturali che impediscono un paritario accesso delle donne alle cariche politiche.

Da allora, non senza polemiche e accuse, le quote di genere sono state re-introdotte nel 2004 a livello europeo e nel 2012 a livello nazionale.
L’equilibrio di genere negli organi di governo dei comuni come Positano non è solo un generico principio di buone pratiche a cui tendere. È invece una norma concreta, inserita nell’ordinamento italiano dalla legge 56/2014, conosciuta come legge Delrio, che all’articolo 1 comma 137 stabilisce:

«Nelle giunte dei comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento, con arrotondamento aritmetico».


L’introduzione di queste norme per la promozione della parità di genere nella rappresentanza politica ha determinato un significativo aumento della presenza femminile nelle istituzioni.

Nel Parlamento europeo nelle prime cinque legislature le donne italiane elette risultavano sempre in percentuali inferiori al 15%. Il dato è migliorato nel tempo grazie all’introduzione della doppia, e poi tripla, preferenza di genere, segnando un traguardo con i risultati delle elezioni del 2019, in cui le donne italiane elette sono state 30, pari al 41,1% dei seggi spettanti all’Italia (sopra la media delle donne al Parlamento europeo, pari al 40,6%).
All’interno degli organi costituzionali italiani, dove a lungo la presenza delle donne è stata inferiore al 30%, l’applicazione delle misure previste dalla legge elettorale n.165 del 2017 ha determinato un incremento al 35%. Questo risultato ci pone oltre la media dei Paesi Ue-28, che risulta pari al 32,8%.

La situazione cambia drasticamente a livello locale.

La presenza femminile nelle assemblee regionali italiane si attesta in media intorno al 21,9% e solo in una regione, l’Umbria, la carica di Presidente della regione è ricoperta da una donna.
Nell’ambito delle assemblee degli enti locali, il dato della presenza femminile in Italia è pari al 34% nelle assemblee dei comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti, a circa il 32% nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti. Le donne sindaco, invece, nel 2019 sono solo 1.131.

Se è vero, dunque, che questi valori segnano un andamento positivo nella inclusione delle donne all’interno delle istituzioni, bisogna prendere atto dell’esistenza di un limite che le esclude dal rivestire i ruoli apicali. La presenza, spesso, non riesce sempre a tradursi in una effettiva rilevanza.


I meriti delle donne difficilmente vengono riconosciuti.

Le difficoltà che esse incontrano lungo il cammino sono prima di tutto di natura culturale e sociale.
La cultura dei ruoli, a tutt’oggi molto radicata, vede ancora le donne come uniche responsabili della famiglia alla quale, anche quando scelgano di realizzarsi dal punto di vista professionale, continuano a dedicare la maggior parte delle energie.

Esse devono poi fare i conti con i pregiudizi e i meccanismi discriminatori riconosciuti come il cosiddetto soffitto di cristallo, che caratterizza i sistemi a dominanza maschile e che rende subdolamente nullo il grande sforzo compiuto dalle donne e dalla società.

Non sapremo mai quante di noi hanno rinunciato alla carriera professionale o politica prima ancora che iniziasse, ma sappiamo per certo che quelle che la intraprendono devono affrontare enormi difficoltà.

A Positano, nel 2021, il Sindaco decide di non rispettare una legge che permetterebbe a 2 donne di sedere nella giunta comunale e contribuire attivamente al governo del nostro paese.

Così, mentre l’esperienza di Su Per Positano ha dimostrato che la garanzie offerte dal sistema delle quote di genere possono essere superate, rimane molto da fare, invece, tra le file della maggioranza che apparentemente non perde occasione per celebrare le donne, ma di fatto, non permette loro di esprimersi al potere.

In occasione della giornata internazionale delle donne occorre ricordare che l’Italia , nel 2020, ha registrato il dato più basso di tutti gli Stati UE per l’occupazione (EIGE- indice sulla disparità di genere): In Italia, oggi, lavora meno di una donna su due.
La pandemia ha ulteriormente messo in difficoltà le donne le quali hanno pagato il costo più alto in termini occupazionali e peggiorato le già drammatiche disparità salariali.

Per superare questa condizione di svantaggio che si traduce in un enorme danno per l’intera società è necessario mettere al centro della politica la questione femminile dando voce alle donne.

L’otto marzo non sarà una festa fino a quando non cominceremo a desiderare tutti insieme che si compia una rivoluzione reciproca fatta da donne e uomini.
Cominciamo da oggi.

Di Gabriella Guida

FONTI:
Camera dei deputati. La partecipazione delle donne alla vita politica e istituzionale Dossier n° 104 – Schede di lettura 1 marzo 2021.
Audizione Istat, 26/02/2020
EIGE- Istituto Europeo per la parità di genere
Global Gender Gap
Ministero dell’Interno – Anagrafe degli amministratori

L’8 Marzo non sarà una festa